Il primo semestre del 2025 si chiude con un segno meno per il Mezzogiorno: le esportazioni delle regioni del Sud e delle Isole italiane registrano una flessione significativa, che rischia di rallentare la crescita economica di territori già fragili.
Secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, tra gennaio e giugno l’export nazionale è cresciuto del 2,1% in valore. Ma dietro questa media si nascondono differenze territoriali. Mentre il Centro Italia vola con un +10,7% e il Nord-ovest mostra timidi segnali di ripresa (+1,5%), il Sud e le Isole arretrano: rispettivamente -6,6% e -13,3%. Ancora più netta la contrazione nel secondo trimestre, dove il calo congiunturale per queste aree tocca il -14,4%.
Nel dettaglio, alcune regioni meridionali mostrano dati particolarmente allarmanti. La Sardegna guida la classifica delle flessioni con un -17,3%, seguita dalla Campania (-15,5%), dalla Sicilia (-11,2%) e dal Molise (-9,8%). Questi numeri non sono solo statistiche: rappresentano aziende che vendono meno, lavoratori che rischiano di perdere opportunità, territori che faticano a restare agganciati ai mercati globali.
Il divario tra Nord e Sud, già evidente in molti indicatori economici, si riflette anche nella capacità di esportare. Le imprese del Centro e del Nord sembrano aver trovato nuove strade per crescere all’estero, mentre quelle del Sud arrancano, frenate da ostacoli strutturali: infrastrutture carenti, difficoltà logistiche, minore accesso all’innovazione e alla formazione.
Conflavoro Sicilia dice la sua: “E’ il momento di rafforzare il supporto alle PMI siciliane, promuovere percorsi di internazionalizzazione, facilitare l’accesso ai bandi europei e nazionali, e creare reti territoriali che aiutino le imprese a superare le barriere. La Sicilia vuole crescer- dichiara il vice presidente nazionale dell’associazione datoriale e segretario regionale della Sicilia, Giuseppe Pullara– con le sue eccellenze agroalimentari, potenziale turistico, competenze artigianali e industriali. Ma serve una strategia condivisa”.