La burocrazia continua a essere uno dei principali ostacoli alla crescita delle imprese italiane. Secondo l’ultimo Rapporto realizzato da Conflavoro in collaborazione con la Luiss Business School, presentato mercoledì scorso, 14 ottobre, a Villa Blanc, il 93% delle micro, piccole e medie imprese denuncia un impatto problematico derivante da leggi, regolamenti e adempimenti amministrativi. Quasi la metà (48%) definisce questo impatto significativamente negativo, lamentando un aumento di costi, tempi e incertezza operativa.
L’indagine, condotta su 650 imprese attive nei principali settori produttivi del Paese, evidenzia come la macchina amministrativa pubblica, con la sua inefficienza e iper-regolamentazione, stia frenando la competitività del tessuto imprenditoriale italiano. Il fenomeno è particolarmente pesante per le microimprese, che rappresentano la fetta maggiore del campione (322).
All’incontro ha partecipato anche il vicepresidente nazionale e segretario regionale della Sicilia di Conflavoro, Giuseppe Pullara, che ha sottolineato l’urgenza di una Pubblica Amministrazione più vicina ai territori e alle realtà imprenditoriali minori: “Nel Mezzogiorno, e in particolare in Sicilia, il peso della burocrazia si avverte in modo ancora più significativo. Non si tratta solo di lentezze, ma di un sistema che spesso penalizza chi vuole fare impresa nel rispetto delle regole. Serve un cambio di paradigma: la PA deve diventare un facilitatore dello sviluppo, non un ostacolo. Le imprese chiedono solo di poter lavorare con regole comprensibili, stabili e proporzionate alla loro dimensione”, ha affermato.
Il Rapporto fornisce un quadro chiaro delle difficoltà più avvertite dalle imprese: il 43% denuncia perdita di tempo e scoraggiamento imprenditoriale; il 25% decide di non crescere per evitare ulteriori complicazioni; il 18% riduce la propria propensione a investire; il 20% lamenta concorrenza sleale; il 19% indica la scarsa competenza del personale PA; solo il 39% esprime una valutazione positiva sulla digitalizzazione. Uno dei nodi principali risiede nella mancata attuazione delle norme (secondo il 48% del campione), mentre il 40% evidenzia come parte della complessità normativa derivi anche da comportamenti opachi da parte di alcune imprese.
Tra le proposte avanzate nel documento c’è la riduzione dei costi normativi proporzionati alla dimensione aziendale; meccanismi di compensazione economica per le PMI più penalizzate; esenzioni mirate dove l’impatto collettivo è minimo; maggiore formazione dei funzionari pubblici e contrasto alla burocrazia difensiva; coinvolgimento diretto delle associazioni di rappresentanza; introduzione di un sistema di certificazione della compliance normativa. Il presidente nazionale di Conflavoro, Roberto Capobianco, ha commentato: “I dati del Rapporto parlano chiaro: non è più tempo di analisi generiche. È necessario un intervento strutturale, che porti la Pubblica Amministrazione a essere alleata della crescita imprenditoriale. Le imprese italiane chiedono norme chiare, fluide e stabili per poter investire e crescere in serenità”.